di Marco Spinelli
fonte: Gazzetta dello Sport
Quello che non sapremo mai è che cosa sarebbe cambiato per il Chievo se sette anni fa fosse arrivato didier Drogba, visionato ma mai acquistato. Quello che sappiamo, invece, è come si è trasformato il Chievo con Giovanni Sartori: da squadra di quartiere a club di serie A
“Venticinque anni sono un’eternità. E’ una vita parallela, un altro matrimonio”. La vita parallela di Sartori con il Chievo è iniziata nell’ottobre 1984, quando un’ambiziosa formazione di Interregionale scelse lui, campione d’Italia con il Milan nel 1978-79, per inseguire un sogno: giocare al Bentegodi. “Il presidente era Fernando Righetti – ricorda -, ma la gestione era nelle mani di Bruno Garonzi e Luigi Campedelli, il papà di Luca. Mi fecero capire subito che volevano arrivare tra i professionisti. Allora giocavamo al Bottagisio: ricordo questo ragazzino di 16 anni che la domenica veniva a vedere le partite: otto anni dopo è diventato il presidente del Chievo”
“Giocatori come Legrottaglie, Barone, Barzagli e Perrotta, che sono arrivati in Nazionale, sono la mia soddisfazione più grande. E pensare che avremmo potuto prendere anche Drogba: era il 2002, lui era appena arrivato al Guingamp, giocava poco, andai a vederlo e capii subito che tipo di giocatore era. Ma costava troppo per noi, ci pensai a lungo e poi cambiai obiettivo”